\ /
Open source 

L'importanza di un mondo aperto

Un tema oggigiorno sottovalutato, o comunque ormai preso "sotto gamba" è il tema del software libero. In quanti avranno sentito la parola open source, un termine abbastanza datato (infatti risale agli anni '80), il quale è tornato di moda grazie ad aziende sostenitrici come la nostra azienda Sorint lab, l'azienda RedHat cui lavora tutt'oggi uno dei capostipiti del famoso kernel GNU Linux, OpenSuse, Canonical e molte altre ancora. Ma come mai è tornato così di moda oggi? La risposta è abbastanza semplice, ma per rispondervi accuratamente dobbiamo fare qualche passo indietro: dal 1950 al 1970 il software poteva essere distribuito a piacimento, poiché il business era più concentrato sui prodotti finali anziché sul software stesso, così potevano esserci benissimo gruppi, riviste e libri che potevano diffondere i propri script liberamente, senza che nessuno se ne preoccupasse, poiché i progetti erano talmente semplici (e spesso scritti in linguaggi di alto livello come il BASIC) che potevano essere studiati o addirittura intuiti, e successivamente ridistribuiti al grande pubblico. D'altronde non era ancora concepito come un insieme di bit potesse essere una proprietà intellettuale. Dal 1970 tutto cambiò, le complessità del software raggiunsero un livello tale che le aziende cominciarono ad obbligare i propri dipendenti ad impedire di modificare liberamente o ridistribuire il software scritto dai programmatori stessi, onde evitare che tutti copiassero gli script, replicando eventualmente lo stesso servizio fornito dalle aziende stesse. Così gli script furono rilasciati principalmente in formato binario, così che quasi nessuno fosse più in grado di comprenderne il funzionamento, di modificarli liberamente e di utilizzarli per i propri scopi. Il software era diventato un vero e proprio SAAS (un Software As A Service), ossia un sostituto del software che provvedeva a servire l'utente secondo i criteri stabiliti dalla US Software Copyright Act, una tutela del diritto d'autore, la quale riguardava principalmente la copia, la modifica e la ridistribuzione. Un interesse economico divenne così una legge, la quale favorì alla svalutazione delle piccole imprese favorendo invece alla crescita delle multinazionali, le quali a lungo andare arrivarono a detenere il monopolio, in questo caso, del mercato dell'informatica, gli esempi più famosi sono Microsoft ed Apple, principalmente. Un monopolio di mercato fu (ed è tutt'oggi) evidentemente un problema, in quanto impedì il regolare svolgimento del capitalismo, il quale vede impegnato ciascun individuo nella compravendita di merci (capitalismo classico, vedi Adam Smith) e di servizi (assistenzialismo, vedi John Maynard Keynes), garantendo invece a sussidi di stato, il cui denaro deriva da tasse e detrazioni. Ancora oggi, per esempio l'Italia, basa la propria economia su un sistema keynesiano, ossia su un capitalismo assistenzialista, dove vede impiegati i cittadini come delle risorse da cui trarne profitto per ottenere una forma di servizio statale che ricorda quella sovietica, ossia dove l'utente finale può garantire e ricevere assistenza gratuitamente, senza che egli metta mano agli ingranaggi che governano questo sistema di assistenza estrema. L'errore commesso dalla stragrande maggioranza di utenti ancora oggi, reduce dalla guerra fredda degli anni '80, consiste nel confondere la libera cultura con il socialismo; questa confusione è dovuta principalmente alla contrapposizione tra privato e pubblico, analoga per molti a software proprietario e software libero. Questa analogia è sbagliata per ciò che abbiamo osservato prima, il copyright ha generato un monopolio che legasse il consumatore all'azienda come lo stato socialista si lega ai cittadini, obbligando ciascun utente ad essere passivo rispetto al sistema che utilizza, badando in prima persona piuttosto al suo feedback euristico, cioè nel suo riscontro emotivo positivo o negativo, come lo potrebbe dare una qualunque cavia da laboratorio (a tal proposito sarebbe interessante andare a leggere a riguardo il comportamentismo di Burrhus Frederic Skinner o quello di Ivan Petrovič Pavlov). Una risposta di questo tipo non ammette un tipo di pensiero attivo, ossia che si fugga da quell'atmosfera di comoda ignoranza, la quale spinge piuttosto alla ricerca di stimoli sempre più allettanti ma tuttavia vuoti, i quali deteriorano sempre le persone, portandole a pensare che valga soltanto ciò che viene presentato loro più frequentemente, o in altre parole, ciò che va di moda o è di tendenza. In sintesi, il software libero non riguarda il socialismo, ma è ciò che più contribuisce ad una forma sana di capitalismo, in quanto le merci, in questo caso il software può diventare la base su cui sviluppare una nuova forma di prodotto, la quale ne risulta ovviamente una forma sempre più grande di progresso. Tutta una questione politico-economica volta ad una lotta tra chi porta più acqua al proprio mulino, una guerra fredda tra aziende se così si può dire, dove il denaro non serve più come mezzo per garantire alla cultura, ma piuttosto dove la cultura è sfruttata ed abusata al fine di ottenere più denaro, il quale ne diventa il fine. Se questo meccanismo si fosse instaurato ai tempi dell'antica Grecia oggi non avremmo di certo la filosofia e saremmo ancora fermi ai tempi delle monarchie, ma molto più probabilmente non avremmo nemmeno la matematica come disciplina, in quanto non ci sarebbe stato nessun Talete e nessun Pitagora a fornire le nozioni che diedero all'occidente la scossa per giungere anche a nozioni di musica, di ingegneria e di scienze che poterono realizzare in Europa quello che si chiama progresso culturale. Della serie che senza filosofia oggi non avremmo nemmeno i computer (vedi le riflessioni di Von Neumann riguardo l'intelligenza artificiale). Molti hanno tentato, nella storia dell'informatica, di truffare gli utenti, giocando su parole come "libertà/free" o "aperto/open", implicando che usassero per esempio software aperto (open source) anziché software libero (free software); molti infatti non sanno che ogni software dispone di una licenza che garantisce più o meno se un software può essere libero, ossia può essere modificato, utilizzato, studiato e migliorato e ridistribuito, cadendo così nella trappola del freeware, il quale indica che il codice è letteralmente gratuito ma che non rispetta i punti ribaditi in precedenza, del software open source (ci sono licenze che omettono qualche punto della licenza libera al fine di guadagnare maggiormente, sfavorendo quasi sempre anche alla privacy degli utenti), e del software sottoposto invece ad altre licenze, spesso rese appositamente incomprensibili per impedire, a chi non è abbastanza allenato nel linguaggio giuridico ad essere privato delle proprie libertà. Per questo bisognerebbe porre una maggiore attenzione sulla distinzione tra open software e free software, in quanto il codice free è open, ma quello open non necessariamente è free. Esempi lampanti provengono ad oggi da Microsoft, azienda leader nel settore informatico, dove il suo boom economico l'ha ottenuto vendendo il suo sistema operativo Microsoft Windows sotto una licenza proprietaria da cui trarne profitto. Negli anni vi è stata una vera e propria lotta economica tra il movimento del software libero fondato e promosso da Richard Stallman, tale che molti prodotti sono stati resi e distribuiti da diversi anni a venire sotto una licenza open source (ciò è dovuto molto alla pressione degli utenti che hanno ribadito come un modello aziendale basato sulla trasparenza dei concetti fosse meglio di un modello aziendale fondato sull'egemonia dell'ignoranza), come ad esempio Microsoft Azure, il quale si propone come un sistema operativo open source in alternativa a Windows Server 2008, ma che nasconde ancora molte parti purtroppo proprietarie. Questi piccoli passi possono sia essere visti come un progresso verso un mondo sempre più aperto, oppure come un affronto all'intelligenza degli utenti che si vedono accontentati da software resi di punto in bianco leggermente più aperti di progetti, magari sostenuti dalla stessa azienda, che comunque sostengono software proprietario. Il dibattito giunge alla fine sempre presso questa soglia che si chiama Volontà, la quale potrà essere varcata solo da coloro che, una volta capito che la cultura è meglio della pigrizia, potranno scriversi ciò che gli serve da sé. Esistono migliaia di community che usano licenze libere come la GNU GPL (ad oggi alla terza versione), ribadendo come il copyright sia solo un prodotto storico deviato che si determina nel narcisismo di chi vuole predare la cultura per farsela propria, in modo che abbia il proprio nome. Basti pensare che proprio grazie a questa tipologia di codice, quella del codice chiuso, ogni giorno migliaia di utenti hanno problemi che nel 2020 dovrebbero essere ritenuti ormai obsoleti, come aggiornamenti automatici di default non decisi dall'utente, log ed errori incomprensibili, copia e incolla non funzionanti (i quali richiedono script crackati validi spesso solo per Windows), lag ottenuti da processi di cui se ne potrebbe fare anche a meno, documentazioni scarne o inesistenti, copie crackate (che per policy aziendali sono vietate), e chi più ne ha più ne metta. Molta gente vede oggi per esempio i sistemi operativi GNU Linux come qualcosa di nicchia, facendo in modo che solo chi vuole veramente dedicarsi a comprendere come funzioni un sistema operativo e di conseguenza il suo calcolatore possa sapere usarli; sono visti infatti come sistemi operativi macchinosi, utilizzati dagli hacker e dai nostalgici per compiere chissà quali ingegni, che in realtà sono benissimo presenti in qualsiasi altro sistema operativo, ma purtroppo celati ai molti. Il mondo dell'informatica è un mondo che nasce aperto e lo deve rimanere, in quanto se si chiudesse su sé stesso, correrebbe il rischio di fare entrare il mondo in un secolo buio, dove ognuno venga predato persino della propria libertà virtuale, affinché venga sfruttato come risorsa per potere arricchirsi e detenere il monopolio di tutte le proprietà. Un mondo basato sulla sorveglianza, sull'acquisizione illecita di dati, sulla prostituzione di ognuno ad una vita di servigio in nome dell'abolizione della cultura. Solamente voi potete fare la scelta, solamente ognuno di voi può decidere se contribuire o meno ad un futuro migliore. La scelta che tu fai avrà una ripercussione sul mondo del domani e il mondo del domani è oggi.

comments powered by Disqus