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L'informatica, specchio della scienza anarchica di Feyerabend e di Lakatos: seconda parte

Asserendo che qualsiasi cosa esprimibile attraverso frasi sia proposizionale, l'instaurazione del rito nella sua forma più arcaica avviene per meccanismi come quello del condizionamento operante, che ne è la base; tuttavia alcuni condizionamenti sono più facili di altri, data la struttura neurale dell'animale in questione. I riti si generano esclusivamente dal condizionamento, ma negli uomini esistono diversi tipi di condizionamento, ognuno di essi legato ad un tipo specifico di circuito neurale:

  1. Condizionamento emozionale: amigdala.
  2. Condizionamento motivato: nucleo accumbens, nuclei della base.
  3. Condizionamento della traccia: cervelletto.
  4. Condizionamento ritardato: cervelletto e ippocampo.

Tutti i condizionamenti di cui parlerò condividono lo stesso principio di funzionamento, ossia il potenziamento sinaptico a lungo termine su cui sono state basate poi le regole di Hebb. Per cui quello che andrà ad essere qui espresso varrà per tutti i tipi di condizionamento. Quando due neuroni sono attivi insieme, grazie ai recettori NMDA i due neuroni iniziano a sincronizzarsi, perché nel postsinaptico entrando dai recettori NMDA ioni calcio iniziano ad avvenire delle modifiche nella cellula fino alla costruzione di nuovi recettori e ad un ampliamento della sinapsi stessa innescando trascrizione genica. Nel presinaptico invece i cambiamenti sono innescati da messaggeri retrogradi inviati dal postinapitico e questo succede ovunque. 1) Condizionamento emozionale: le sinapsi condizionate sono quelle che collegano il talamo con l'amigdala. Più la sinapsi è rinforzata, più vi è una risposta emotiva automatica ad un determinato stimolo, perché questa via corta bypassa la coscienza. 2) Condizionamento motivato: questo tipo di condizionamento richiede la dopamina, e i neuroni dopaminergici servono per prevedere le ricompense. La frequenza di scarica di questi neuroni diminuisce per le ricompense e diventa alta per quegli eventi che sembrano predire le ricompense, quindi ciò che viene rinforzato è l'evento che predice la ricompensa, che può anche essere una azione. Questo tipo di condizionamento è quello più importante per attuare riti, perché tutti i nuclei della base agiscono in modo da selezionare e conservare pattern d'azione che sono più ricompensati, quindi quelli più motivati dai simboli. 3) Condizionamento della traccia: questo innesca risposte motorie altamente specifiche che possono essere definite riflessi, perché viene messo in atto per reagire automaticamente ad uno stimolo fastidioso. Ad esempio si associa un suono ad un soffio d'aria che dà fastidio all'occhio, grazie al cervelletto è possibile chiudere l'occhio in corrispondenza del suono così da non ricevere il soffio nell'occhio aperto. Questo condizionamento si chiama così perché il soffio viene emesso mentre il suono si sta concludendo, evitando che ci sia intervallo tra i due stimoli. 4) Condizionamento ritardato: è come il precedente, solo che si pone un intervallo di tempo tra suono e soffio. Si tratta di un condizionamento che richiede l'integrità dell'ippocampo e quindi è previsto che l'animale associ consapevolmente il suono al soffio, così da poter reagire in modo da anticiparlo.

Ricordo che tutti questi meccanismi si basano sull'unico meccanismo di potenziamento sinaptico di cui ho parlato, i ricordi non più utilizzati vengono indeboliti dalla depressione a lungo termine o inattivati (ma non eliminati) dalla circuiteria inibitoria GABAergica.

Verbalizzando i concetti ed applicandovi pertanto delle proposizioni espresse in significanti, si è giunti al linguaggio naturale, il quale per natura è vago, poiché alla base ha l'essenzialismo, cioè una posizione che ammette l'esistenza di enti ed essenze, in poche parole della sostanza. Il linguaggio naturale e dunque le lingue, si sono sviluppate settorialmente, iniziando praticamente dalla settorializzazione dei lavori che venivano tramandati da famiglia a famiglia. Infatti nei dialetti ancora si riscontra che in alcuni posti si dica un arnese in un modo anziché in un altro. Dunque il linguaggio naturale è sì essenzialista nel senso generale poiché adattativo rispetto ai riti sulla quale poi va ad essere applicata l'influenza regressionista narcisista, ma è nella sua cronologia evolutiva tendente sempre più ad offrire contenuti sempre più specifici, precisi e puntigliosi. Discutere di tecniche è una cosa abbastanza nuova ed è il campo di indagine della scienza, la quale affronta il come delle cose sicché si possa giungere ad una rendita efficiente, tesi che ha permesso al positivismo di trovare applicazione massima nella scienza (con la sua epoca successiva e decadente). Di per sé i riti prima dell'indagine scientifica venivano tramandati e pertanto anche i metodi lavorativi, attraverso l'imitazione e attraverso le narrazioni mitologiche, essendo i riti e la narrazione di essi necessaria a sopravvivere nel migliore dei modi, pur non comprendendo il significato intrinseco del metodo. Anche se le lingue si sono sviluppate in questo modo, comunque le tecniche non hanno alcuna precisione perché sono solo descrizioni formaliste, sono soltanto metodo, se fossero anche scienza comprenderebbero delle teorie che dicono qualcosa sulla realtà oltre che loro stesse. Invece le tecniche che sono come dei giochi parlano solo di loro stesse, solo di ciò che è lecito nel gioco, come la psicoterapia o gli scacchi. Per questo si tratta di una precisione "illusoria" perché è definita solo all'interno delle pratiche formali, quando in realtà un linguaggio dovrebbe essere capace anche di parlare della realtà e non solo di sé stesso, concependosi come astratto dal reale.

Il XX secolo si distingue per l'aver portato alla distruzione del concetto di sapienza. Con ciò non si intende dire che tale secolo abbia annientato l'erudizione e gli studi, al contrario, questi in tale secolo hanno visto una proliferazione che mai prima di quel tempo vi era stata portando alla sistematizzazione di alcune scienze, al tramonto delle pseudoscienze e alla nascita delle nuove scienze come l'intelligenza artificiale o le neuroscienze. E dunque perché nonostante questo proliferare delle scienze la sapienza è venuta a mancare, è venuta ad essere completamente annientata? La risposta è da rintracciare in una profezia di Francesco Bacone, principalmente nella sua idea di induzione meccanica, un modo di fare scienza che non richiede altro se non la pratica, in quanto la teoria scientifica viene prodotta direttamente dai dati, senza l'intermezzo dell'ipotesi umana. La scienza dissoltasi nella prassi, nel rito, ha cominciato quindi a perdere l'aspetto teoretico che incominciò ad essere affidato soltanto alla minoranza della comunità scientifica, così che tutti gli altri cominciarono soltanto a collezionare dati e a testare modelli statistici. Questo senso della scienza è l'unico che l'uomo tecnocraticizzato e settorializzato può afferrare, ed è l'unico che viene diffuso ed insegnato nelle università. Poi non dobbiamo meravigliarci che il machine learning, sia esso l'insieme di algoritmi statistici basati sulla predizione di dati, non si fondino su teorie esplicite rispetto alla realtà ma su formule "nascoste" o implicite che disinteressano i più: non dobbiamo meravigliarci se poi si forma una tecnocrazia relativa al dominio da parte di algoritmi anziché di individui o posizioni filosofiche esplicite. Ciò porta a focalizzarsi esclusivamente sull'erudizione e sulla quantità delle conoscenze accumulate, e la sapienza muore proprio per l'ipertrofia da erudizione. Che genere di cosa può mai essere? Prima del XIX secolo i filosofi erano ben consapevoli che la sapienza non fosse soltanto un mestiere o un atto di erudizione, ma comportasse anche qualcosa di interiore, di personale. Era ciò che veniva espresso dai frontespizi dei testi (basti ricordarsi il celebre del "libro del sapiente" di Charles de Bovelles), dalla simbologia degli alchimisti e nelle orazioni, e cioè quello che è sempre stato chiamato "spirito": il percorso del sapiente era affidato a due principi, a quello del sole e della luna, rispettivamente all'anima intellettiva e allo spirito vitale. Il primo generalmente era espresso dall'uomo interiore, il secondo dalla donna interiore ed il sapere emergeva come "figlio" di queste due attitudini. Perciò l'erudizione è NECESSARIA ma non sufficiente al sapere. Conoscere molte cose non solo è consigliabile, ma è anche un cammino da dover intraprendere per rompere i pregiudizi accademici che necessariamente ingabbiano coloro che tendono ad identificarsi con il proprio mestiere da accademico, ma è altrettanto necessario questo "spirito", che pulito dal misticismo, può essere tradotto con condotta saggia. La condotta saggia è uno stile di vita tipico del vero sapiente che si astiene dai vizi e dalle dipendenze, è ciò che non soltanto permette a chi la vive di esporre delle conoscenze, ma di viverle. Infatti coloro che fanno gli eruditi e vogliono conoscere molte cose, ma vivono come vivono le bestie, gettati nelle dipendenze e schiavi dei vizi da cosa differiscono da queste se non da vuote parole che nemmeno comprendono a pieno? L'erudizione senza saggezza genera abomini, chimere deformate che usano il sapere per fini unicamente di controllo e di guadagno economico senza porre alcun contributo culturale. Ciò che vi è di sbagliato è che la mercificazione della conoscenza (come spiegato nel testo "La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere") ha come condizione necessaria una implicita censura di tutto ciò che non è vendibile, e ciò porta a viziare le teorie e a non renderle neutrali. E soprattutto, qualsiasi sapere nato per essere commercializzato non potrà mai essere un sapere libero, ma sempre dipendente, in quanto dovrà proporre sempre il modello di uomo fallibile e vizioso che deve essere trattato con compassione nei confronti delle sue dipendenze e delle sue debolezze, perché è proprio sulla base di queste che la conoscenza viene venduta. Infatti le conoscenze sono più che altro delle formule e delle ricette che vengono vendute per attenuare o curare le sregolatezze e le malattie generate dalle dipendenze, oppure addirittura dei modi scientifici e strutturati di vivere le dipendenze stesse. Molte delle malattie del XXI secolo derivano dagli stili scorretti di vita e dalle droghe, e la trivialità e la noncuranza degli uomini deriva da pratiche generalmente parafiliache. Perciò da un lato ammalano, infacchiscono e rendono pusillanimi gli uomini, dall'altro vendono del sapere con il quale sistemare quanto loro stessi sfasciano. La totale assenza di libertà insita nella mercificazione del sapere è quindi espressa dalla necessità stessa di questa mercificazione di proporre ed inculcare un determinato modello di uomo che tutti devono rispettare per far parte del gioco della conoscenza. Ecco per quale motivo soprattutto nel secolo scorso si è attaccata la condotta saggia, si è cercato di eliminare la figura dell'intellettuale integro, sano e libero per opporgli quello assillato dai vizi vicino al malato, che proprio in virtù del vizio e della malattia è in grado di stare vicino al malato stesso, come se fossimo tutti manchevoli e avessimo tutti bisogno di un supporto esterno. Heidegger citò in "Essere e tempo", "solo un dio ci può salvare", ebbene, questo dio è la tecnica, ed è il manchevole fatto a "carne". Ciò porta l'assurdo pensiero che l'essere umani consista nell'avere dei vizi e nell'essere deboli, cosa che se fosse vera dovrebbe impedire anche di fare queste osservazioni, perché avrebbe già dovuto estinguere l'umanità intera. Non c'è ad oggi una tesi scientifica che possa dimostrare la manchevolezza dell'uomo. Questo mito popolare, e ormai anche storiografico, dell'uomo fragile, malato e corrotto da tanti di quei vizi che ne esprimono infine l'umanità, non può essere altro che la vera disumanizzazione dell'uomo che privato di quella "dignità" tanto elogiata dagli umanisti del '400 e del '500 è stato ridotto ad essere un eterno paziente laddove il suo medico è la società stessa, così che proprio quest'ultima tramite il suo voto possa rendere verità una menzogna e una menzogna una verità. Una cosa non è vera poiché approvata da molti, ma è vera in relazione alle altre teorie che vanno a costituire un'ontologia, ossia una teoria della realtà stessa. Ma così come generalmente agisce l'uomo dissolto nella tecnica, si tratta soltanto del tentativo di falsificare e demolire la storia in funzione dell'attualità, dove l'immagine dell'uomo inetto del XX secolo viene proiettata indietro nel tempo. Eppure non vi può essere nulla di più sbagliato, perché l'immagine dell'uomo del XX secolo è esclusivamente di questo e non si può retrodatare. Esistono diversi tipi di uomini, da quelli più autentici a quelli simili più ad animali con un basso livello di coscienza, e se coloro che ad oggi rappresentano la maggioranza, attualmente hanno deciso di assomigliare a questi ultimi, qui propongo un nuovo stile di vita, un nuovo approccio ontologico relativo alla scienza che si fonda sull'ontologia, sull'unione della vita lavorativa con la vita privata sicché si tuteli l'individualità e al contempo si possa accrescere la propria vita culturale per mezzo dell'esplorazione di una scienza libera ed epistemologicamente più avanzata delle altre che è l'informatica. E questo riguarda l'eliminazione dei vizi dalle vite così da potersi migliorare sempre di più, ogni giorno sempre di più, così da potersi interfacciare nei confronti della conoscenza senza conflitti d'interesse, essendo la posizione filosofica qui esposta mirata al miglioramento interiore e alla comprensione della realtà per mezzo dell'ontologia e della sua applicazione multidisciplinare. Chi è attualmente intellettuale e si crede di essere vicino alla dottrina delle euristiche, dei vizi e non cerca di andare oltre a questi meccanismi di iterazione rituali e li coltiva solo per restare umano (vedi le tesi umaniste romanticizzate), significa allora che è solo una vittima della storia e non è nemmeno concepibile come individuo, essendo che la sua incapacità decisionale lo rendono un tassello di un meccanismo più grande che viene denominato da autori come Gustave Le Bon in "psicologia delle folle", massa. Un individuo è colui che vive al di sopra delle possibili dipendenze, è colui che vive per essere libero e la libertà, che è innanzitutto libertà dai vizi, è il lasciare la propria vita libera di speculare senza avere su di sé la necessità di legittimare un modello d'uomo che renda conto delle proprie debolezze. L'antico metodo dei sapienti ci ha fatto pertanto accorgere che non si può vivere di una concezione manchevole, poiché poi si riflette su di noi, sugli approcci al lavoro e soprattutto alla conoscenza, ci ha permesso di comprendere come la sapienza debba essere completa e unitaria e di come questa concezione non sia fatta soltanto di soli, ma anche di lune. È un modo di vivere ormai dimenticato poiché il titolo di intellettuale costa poche migliaia di euro, quanto necessario per comprarsi una laurea al solo fine di presentarsi al mercato come un gatekeeper, pena l'etichettatura di complottista o di "amatore". La verità è che conoscere, studiare una vita, diventare esperti, è molto facile, richiede lavoro e sudore, ma tutti ormai possono farlo. Questo è testimoniato, e lo sarà sempre di più, dalla progressiva licealizzazione dei percorsi universitari dove come ci ricorda Nuccio Ordine ne "l'utilità dell'inutile" gli studenti sono ormai diventati dei clienti. Difficile è il vivere liberi, il dire di no alle seduzioni della società e modellare la propria vita sulla propria conoscenza. Studiare richiede l'impegno di qualche ora al giorno, vivere liberi richiede l'impegno di ogni ora della propria vita, così da integrare i progetti individuali a quelli lavorativi. L'uomo che vive in funzione della tecnica, per inerzia, figlio del superfluo e dei vizi, si è costruito una figura dell'intellettuale a sua immagine e somiglianza, di un intellettuale affamato di piacere e di denaro che perverte i risultati delle scienze al fine di colmare il vuoto interiore lasciatogli dalla sua mancanza di individualità. Questo perché quando si perde la propria libertà, quando si perde la propria individualità, il proprio "spirito vitale", la propria "luna", la voragine interiore che viene lasciata è tale che si comincia a gareggiare in dissolutezze per ottenere il maggiore plauso sociale possibile, nel tentativo di essere più uomini degli altri uomini (come direbbe d'altro canto Nietzsche nel suo "Ecce homo"). Ciò è una conseguenza naturale del pensiero gruppale e di quelle dinamiche di gruppo messe in risalto proprio dalla psicologia sociale del '900 ricalcando soprattutto il concetto di identità sociale proposto da Tajfel e quello di categorizzazione del sé proposta dal suo allievo Turner. Infatti secondo tale teoria gli uomini vivono la realtà sociale scomponendola in categorie sociali alle quali si devono adeguare semplificando il proprio sé al fine di essere accettati e capiti dagli altri. Questo perché la descrizione di sé passa sempre attraverso degli aggettivi, e questi aggettivi non possono far altro che semplificare la propria individualità. Perciò la conseguenza di ciò è che l'uomo, vuoto in se stesso a causa della distruzione della sua vitalità, della sua condotta saggia, tenta di riempire questo vuoto con la società e questa gli richiede la sua banalizzazione e la sua trivializzazione. A ciò si oppone fortemente il percorso che la storia aveva preso fino all'inizio dell'età moderna, dove l'uomo era alla ricerca di sé stesso e non temeva di affrontare la santa inquisizione pur di trovarsi. Gli alchimisti, gli esoteristi (escludendo tutto il discorso pseudoscientifico e cabbalistico) e anche i filosofi cercavano quell'armonia tra la luna e il sole, quella sapienza nata dall'equilibro della conoscenza del mondo con la capacità interiore di comportarsi in modo libero che oggi è stata completamente distrutta, perché la tecnica può commerciare esclusivamente i prodotti dell'ingegno ed anzi non può far altro che trovare un ostacolo nella saggia condotta, questo perché essa si oppone alla semplificazione e alla sottomissione dell'uomo al sistema post-industriale: in questo sistema economico, come riferiscono gli economisti, non è la produzione di beni quella che conta, ma la produzione di servizi, e l'erogazione e l'utilizzo dei servizi richiede che l'uomo sia dipendente. Questa cosa la vediamo ovunque, dal mondo informatico del software proprietario, all'attuale sistema sanitario e anche fino all'attuale sistema universitario. L'uomo non è più un consumatore, ma è un utilizzatore di servizi che a differenza dei beni possono incrementarsi, rinnovarsi e modificarsi all'infinito senza che l'utente finale possa disporre di alcuna forma di proprietà. E questo si sta ripercuotendo anche relativamente ai dati personali, così che la privacy non tuteli realmente la proprietà individuale, ma tuteli la proprietà delegata, una proprietà regalata, una proprietà non più propria. Questa è una economia del nulla che non vende nulla di concreto e non acquista nulla di concreto, essa ha come vero obiettivo la semplice circolazione della moneta ed è proprio questo circolare che deve scorrere imperterrito senza nessun ostacolo, che ben poteva essere la condotta saggia basata sull'autonomia e l'assenza di dipendenze. Ormai tutto è diventato una dipendenza, anche guardare la tv: adesso c'è l'abbonamento al servizio di streaming, l'abbonamento allo storage dei propri file e l'abbonamento a chissà quali altre cose. Gli uomini contemporanei vivono di abbonamenti e di dipendenze che eliminano la loro libertà, e ciò ha alla fine come ultimo risultato proprio l'indispensabilità del vizio, e della debolezza con l'esito di rovesciare l'ordine naturale del mondo: oggi la giustizia è l'utile del più debole, il principio di selezione è quello della selezione del più disadattato e la sapienza più legittima è quella più vendibile. Un individuo è individuo se detiene una proprietà, ed è tale se può agire libero per mezzo di essa. E se agisce libero sappiamo che la cultura e di conseguenza la tecnologia prodotta è libera. Dunque una cultura libera, un'informatica o una scienza realmente anarchica, può giungere unicamente presso uno sfondo culturale dove le nozioni non devono tenere conto di nulla, poiché il contrario, l'indicibile o il controproducente, sono in realtà la potenza dialettica necessaria affinché, come sosteneva Feyerabend in "contro il metodo", si possa progredire culturalmente. Nel trentennio precedente fino a qualche anno fa il tema dell'IA è caduto in disuso poiché non interessante, cosa sarebbe successo se ad oggi si fosse mantenuta tale censura? Che la censura sia solo una questione economica da parte degli stessi gatekeeper che determinano l'andamento del mercato? Lascio questa risposta a voi lettori. Ma analizziamo meglio questo concetto con un'osservazione sul testo probabilmente più importante e famoso di Feyerabend, "contro il metodo". Egli nella sua scienza anarchica e di conseguenza nella sua indiretta costituzione di un'informatica anarchica, fece emergere un importante paradosso. In "contro il metodo" evidenziò in più punti come alla base del progresso scientifico, soprattutto riguardo alla fase di transizione da filosofia aristotelica al pensiero moderno, non ci sia semplicemente un processo neutrale, critico e razionale di "congetture e confutazioni".

Alle radici di un dissidio Feyerabend dice scherzosamente che Galileo più di far scienza fa propaganda, perché egli per poter conferire legittimità alla propria teoria deve ridefinire i rapporti tra senso e realtà, tali rapporti nell'aristotelismo si presentano sotto forma di quella posizione filosofica che viene chiamata realismo ingenuo: l'aristotelico sostiene che poichè attraverso i sensi è possibile estrarre le forme dalle sostanze attraverso il processo di astrazione, la percezione della realtà è assolutamente coerente con quest'ultima. I sensi non ci possono mai ingannare, e quello che vediamo a occhio nudo rispecchia effettivamente la realtà. Galileo sostiene al contrario che in Aristarco e in Copernico la ragione abbia fatto violenza al senso, e che Copernico ha preferito credere in questa piuttosto che affidarsi ai sensi. Dunque la transizione nell'epoca moderna si ha con l'annientamento del rapporto di immediatezza tra percezione e realtà, il percepito non è più l'immediatamente reale, ma è la ragione che con la sua attività teorica stabilisce cosa è reale. L'esperimento è soprattutto una situazione ideale in cui vengono rimossi fattori disturbanti come l'attrito, la geometria euclidea diventa un mezzo per spiegare le relazioni che avvengono tra i corpi fisici e il libro della natura diventa scritto in linguaggio matematico, scienza che Aristotele sottovalutava molto, piuttosto che nel linguaggio delle categorie. Dunque più che parlare di una rivoluzione scientifica sarebbe più opportuno parlare di una rivoluzione ontologica, perché Galileo per poter entrare nel dibattito filosofico del suo tempo ha dovuto agire proprio sulla base empirica, e l'ha fatto, prendendo in prestito una immagine molto famosa di Popper, sostituendo alla roccaforte convenzionalista della corrispondenza tra senso e realtà le palafitte della scienza moderna, andando a cambiare le interpretazioni naturali del concetto di moto, introducendo il moto realtivo, e andando a introdurre il moto della Terra come ipotesi ad hoc. Da buon pitagorico egli era alla ricerca dell'armonia matematica, che si sottrae alla vista, e che rifonda completamente la metafisica aristotelica. Questa prevedeva ben 4 cause (materiale, formale, efficiente e finale) che dovevano spiegare i moti dei corpi che venivano spiegati in modo qualitativo. Tali moti, di fatto, venivano concepiti come alterazioni della sostanza dove la materia poteva essere il sostrato cangiante. D'altra parte Galileo fiducioso pitagorico e atomista sosteneva che il moto locale (che fa appello alla causa efficiente) potesse ridurre a sé tutti i moti. Quindi Galileo ha agito più che altro riducendo il catalogo ontologico delle entità, eliminando da esso le entità non compatibili con una visione puramente quantitativa e relativa del moto.

Contestualizzato ad oggi, non esiste informatica senza scienza e non esiste una scienza senza un'ontologia. Perciò prima di apportare dei mutamenti scientifici, la proposta galileiana era innanzitutto una proposta metafisica e di stampo strettamente ontologico: riduzione delle entità, ridefinizione del rapporto tra senso e realtà, nuovi principi (sostituendo l'ente con la proporzione matematico-geometrica tipica dei pitagorici) e una ricca attività scientifica, mostrando come alla base delle rivoluzioni scientifiche vi sia esclusivamente l'attività di individui colti che conoscono e si propongono di modificare l'assetto complessivo delle conoscenze di un'epoca. Per cui ciò che rende veramente differenti le teorie tra di loro consiste nel diverso impegno ontologico di cui sono dotate, in quanto, come ci ricorda Quine, le teorie scientifiche sono sottodeterminate dall'esperienza. Questo significa che teorie con forme logiche (e con ontologie) differenti possono dar adito alle medesime predizioni. L'aristotelico prevede in accordo alla sua teoria che la pietra lanciata da una torre cada perpendicolare, e lo stesso il galileiano, perché le teorie differiscono nella loro struttura logica e ontologica: l'aristotelico prevede un moto rettilineo del sasso verso la terra in virtù del raggiungimento del luogo naturale perché la Terra è ferma, il galileiano prevede un moto rettilineo del sasso verso la terra perché il moto è relativo, l'esemplare di moto aristotelico è il cervo che sfugge mentre noi lo osserviamo da lontano, l'esemplare di moto per il galileiano è il sasso che ci cade mentre siamo su una nave, o la bussola che ci cade mentre siamo su una carrozza. Per cui bisogna prima modificare l'ontologia per modificare la scienza, e per poter fare questo non si possono utilizzare solo strumenti scientifici. Per cui la "propaganda", la "pura speculazione" e la "retorica" vengono massicciamente impiegate per poter illustrare e proteggere le tesi scientifiche ancora troppo giovani che potrebbero essere facilmente abbattute dalle teorie più vecchie in virtù della loro maggiore solidità. La teoria geocentrica di tipo Tolemaico aveva delle buone predizioni, così come aveva delle anomalie che erano addirittura inferiori alle anomalie riscontrate dall'eliocentrismo. Per cui il progresso scientifico è una parte del progresso ontologico dell'umanità, ed è soltanto il riflesso della riduzione o del rimaneggiamento delle entità ammesse nell'ontologia di riferimento, perché è solo sulla base di queste che si possono costruire delle teorie predittive. Così come identificare realtà e percezione (errore del realista ingenuo) porta alla stagnazione, allo stesso modo anche identificare scienza e previsione porta alla cecità e al dogmatismo (errore dell'empirista ingenuo e del falsificazionismo ingenuo). Per cui, vista la maggior portata e rilievo della componente ontologica su quella scientifica, occorre stabilire l'incommensurabilità tra concezioni del mondo differenti, perché l'impegno ontologico verso entità differenti sfasa le coordinate dei significati e soprattutto dei riferimenti delle lingue utilizzate per parlare. Ciò porta anche alla confutazione del determinismo linguistico e del relativismo linguistico. La differenza tra le lingue può essere determinata da una differenza tra le ontologie dei popoli e non come vorrebbero far intendere i sostenitori dell'ipotesi Sapir-Whorf. Semplicemente le popolazioni a noi lontane hanno una ontologia differente stabilita dalle loro teorie sul mondo, per cui vale il primato indiscusso della teoria sulle lingue ed anche sulla percezione. Questo si applica anche ai linguaggi di programmazione, di markup, di stile e così via dicendo. Il miglior linguaggio da un punto di vista ontologico è riferito unicamente alla sua struttura, alla sua architettura e pertanto al modello ontologico impiegato per la sua costituzione. Come ho descritto per esempio nell'articolo "Le origini del sistema centralizzato nella storia", molti linguaggi ad oggi utilizzano la metafisica come modello, portando ad una sorta di modello ribaltato rispetto a quello utilizzato ad oggi in ontologia, quello delle relazioni tra le proprietà che permettono la costituzione di aggregati mereologici, definibili anch'essi proprietà. Si veda per esempio come in alcuni linguaggi prevalga la costituzione di processi di astrazione in base a qualità insite nei dati, come per esempio le classi astratte, da cui poi nascono polimorfismi e tutto il discorso in generale sulla programmazione ad oggetti. Tramite l'adozione di un'ontologia volta alla dissoluzione di sé stessa oggi la profezia di Feyerabend si è avverata, il suo paradosso è stato confermato. La scienza ha instaurato la sua dittatura per mezzo dei dati e del citazionismo portato all'estremo. È tuttavia poco plausibile che fisici e biologici, per esempio, si ponessero nella posizione di instaurare una dittatura, perciò era una questione di tempo che la politica si accorgesse del potenziale che avevano in sé racchiuse le scienze mediche. Esse sono le uniche che hanno il potere di decretare le sorti di un individuo poiché applicano il biopotere e il thanatopotere, e possono essere utilizzate per instaurare di conseguenza una dittatura che possa oltretutto violare la libertà di pensiero. La salute è una vulnerabilità, ed è molto forte. Vorrei qui non parlare di politica, ma mi trovo costretto a farlo per dare una connotazione attuale dei fatti affinché si possa pertanto contestualizzare questa discrepanza culturale con l'abuso che ne fa lo stato rispetto alla scienza; Nel 2020 l'ex presidente del consiglio Conte disse "il diritto alla salute è il diritto che permette di godere anche di tutti gli altri", ponendosi pertanto come un valore tiranno, come un valore presso la quale uno si mette in funzione di vivere, andando a porre dei bias culturali che possono alterare i prodotti finali con ideologie e credenze che possono provocare un danno di lunga durata alla cultura. Non risulta affatto che uno che goda di buona salute possa non godere di altre proprietà. Una persona sulla sedie a rotelle può avere libertà di pensiero e di azione, così come può esercitare tutto il resto delle proprie abilità. Allo stesso modo anche una persona malata di una malattia grave come il cancro può essere libera. Le uniche persone che non possono esercitare i propri diritti potrebbero essere quelle che stanno in coma. Il coma è dato da una interruzione delle funzioni vegetative ed in alcuni casi la coscienza è preservata. Ciò che chiamato "locked in syndrome" in cui il soggetto è sveglio, cosciente, ed intrappolato nel corpo non potendosi muovere. In alcuni casi è possibile evidenziare la coscienza della persona perché i movimenti oculomotori sono preservati. D'altra parte nello stato vegetativo la persona è sveglia e vigile, ma non è cosciente. Queste due condizioni cliniche permettono di separare la coscienza (presente nel coma) dalla veglia (stato vegetativo). Nel coma ci sono sempre residui parziali di coscienza, tranne quando c'è morte cerebrale. La morte cerebrale la si diagnostica con un EEG, se il tracciato è piatto significa che la persona non ha coscienza. Quindi possiamo dire che la salute è l'ultima cosa. Come può un virus come quello contestualizzato nel 2020 compromettere la libertà di pensiero? Non può, poiché lo stato e la politica in generale sono incompatibili con la scienza, sono incompatibili con la dialettica che è di fatto anarchica tra le teorie. Grazie a Feyerabend e Lakatos abbiamo imparato a distinguere tra scienza e pseudoscienza, quindi tra scienza anarchica e scienza da gatekeeping, ma che ruolo deve avere la scienza? È molto facile barare nella scienza, figuriamoci in ambito informatico dove solitamente le discussioni teoriche vengono bypassate in nome della funzionalità. Una frode scientifica viene scoperta perché il lavoro di un ricercatore viene contestato dalla maggioranza che, per preservare la verità, esercita la sua critica. Ma cosa succede quando la politica ha interesse nel manipolare la scienza e gli interessi di mercato prevalgono su quelli scientifici? È possibile abusare della fragilità del metodo scientifico per scrivere articoli-spazzatura per difendere qualsiasi cosa. Gli scienziati che sono uomini come gli altri, diventano vittima della propaganda e iniziano a censurare chiunque proponga una visione alternativa al mainstream. Se la situazione diventa grave, intere agenzie si dedicano al ghostwriting (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6294975/ e https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2805735/): simulare dei dati che non esistono e scrivere articoli scientifici su ciò che non esiste. Questa piaga affligge principalmente le scienze sanitarie dove gli articoli scientifici diventano veri e propri Product placement, con conseguenze gravi per la salute. Mentre in articoli scientifici più tecnici come quelli informatici ad essere passata è solo un'ontologia deprecata o anacronistica, come quella relativa ai sistemi centralizzati o ai SaaS, famosi perlopiù negli anni '80. Per cui la condizione necessaria per il funzionamento della scienza è la sua completa separazione dalla politica. Come ci spiega Feyerabend in "contro il metodo", la scienza politicizzata è indistinguibile da una setta. Essa si impone proponendo una versione unica, e squalifica tutto ciò che non rientra nella sua visione. Gli ordini professionali, ad esempio, possono essere usati per perseguitare i dissidenti all'interno della scienza stessa e la divulgazione scientifica diventa propaganda. Quando si innescano questi meccanismi, la scienza stessa ne risente diventando stagnante e ridicola, e quanto più è tale, tanto più viene celebrata dalla politica. E allora in questo preciso istante smette di essere scienza per diventare ideologia: dall'essere una ricerca disinteressata della verità, si trasforma in uno strumento di coesione sociale. Tutti devono condividere gli stessi valori imposti dall'ideologia di regime e tutti devono supportare i rituali di massa inerenti a tali ideologie. "Fidarsi" della scienza significa avere fiducia negli altri, significa avere fiducia nel fatto che gli altri abbiano fiducia. Ma questo non è il ruolo della scienza, è un ruolo che come abbiamo visto è radicato nell'io e nella dissoluzione tecnica. La scienza non deve servire per alleviare la propria paranoia sociale e per costruire un territorio di credenze comuni per alimentare lo spirito gregario. La scienza serve per conoscere la realtà, la sua funzione è eminentemente teoretica. Gli esseri umani sono attratti dalla scienza (e dalla filosofia) non perché debbano inseguire una vuota idea di paradiso della tecnica (tra l'altro criticata molto dalle narrazioni di Philip Dick ma paradossalmente assunta come finalità estetica dell'era attuale), ma perché è il conoscere stesso questo paradiso. Riprendendo l'antica lezione di Aristotele, l'uomo si dedica al sapere perché l'esercizio delle proprie facoltà razionali è un bene in sé. E se le persone oggi vivono in modo triste ed alienato è proprio per questo, perché hanno sostituito il conoscere col fidarsi degli altri. Hanno sostituito il rapporto diretto col mondo della conoscenza al rapporto mediato dall'esperto. La vita nelle democrazie rappresentative dove noi siamo solo il consenso di un voto è una vita estremamente tragica, è una tragedia senza gloria. Non ho volutamente parlato del ruolo del governo o dello stato nella scienza, perché non dovrebbe avere alcun ruolo. Deve farsi da parte e citando l'ex presidente del consiglio italiano penso di avere già fatto abbastanza rispetto alla qualità degli argomenti esposti. Quello che noi oggi chiamiamo scienza è l'esercizio delle nostre facoltà razionali che facciamo perché è per noi un bene come per il leone la caccia. La visione della scienza che Feyerabend, Lakatos e altri molti autori propongono, non è l'impresa collettivista del benessere, non è un benessere per il futuro, ma è il semplice star bene. La scienza non ci fa star bene perché ci dà ricette miracolose o ci salva dai virus, ma perché praticandola esercitiamo la ragione, ed essa è funzionale alla comprensione e alla risoluzione dei problemi in maniera dinamica.

Nella scienza e pertanto anche nell'informatica, il fondamento non è l'osservazione ma è la costruzione di modelli, ipotesi e teorie. Da questo contesto possiamo pertanto estrapolare che:

  1. Anche il sapere non scientifico si può basare sull'osservazione. Come spiega Feyerabend nel suo libro, le religioni si basano sull'osservazione di segni, prodigi, miracoli e cicli naturali per formulare le proprie fedi.
  2. Se la maggioranza della comunità scientifica sostiene una cosa, non è per forza vera. L'appello alla moltitudine è infatti una fallacia logica. Deve esistere evidenza indipendente al numero dei consensi affinché una teoria sia considerata come vera. Se ci si basasse solo sul consenso, la scienza diventerebbe politica e potremmo sostituire agli esperimenti scientifici dei referendum.
  3. La scienza viene utilizzata per descrivere il mondo e spiegarlo e non ha alcun legame con la morale. Non può essere usata per prescrivere doveri, obblighi, diritti, virtù e valori. Se ci fossero dei valori o doveri dimostrabili scientificamente, questi poi potrebbero guidare la ricerca scientifica. Ma ciò è assurdo, perché come spiega Spinoza il mondo esiste ed ha le sue leggi indipendentemente da noi. Non è che siccome noi consideriamo negativa qualcosa, allora quella non esiste, e nemmeno il contrario!
  4. Non c'è alcuna distinzione tra scienze esatte e scienze meno esatte. Ogni scienza utilizza la stessa metodologia, quella della statistica, con diverse variazioni e gradi di precisione. Ma in linea di massima si possono adottare criteri di significatività statistica equivalenti a quelli della fisica quantistica anche in altre discipline, come ad esempio in genetica delle popolazioni. Tutte le scienze che praticano la verifica/falsificazione delle ipotesi hanno lo stesso statuto epistemologico. Se questo metodo non viene applicato, non possiamo parlare di scienza.
  5. La scienza funziona con gli stessi principi del nostro cervello. Questo può sembrare banale perché la scienza l'abbiamo creata noi, ma in realtà non lo è: il nostro cervello non percepisce direttamente il mondo, ma le previsioni che esso ha del mondo. I dati sensoriali sono utilizzati per scegliere tra ipotesi percettive già proposte dal cervello, proprio come succede quando con un esperimento si fanno scontrare teorie rivali. Questo vale anche per le emozioni, che sono una previsione a breve termine di quello che sarà lo stato fisiologico del proprio corpo.

Nella scienza dovrebbero prevalere le teorie e la libera sperimentazione, non gli scienziati stessi. Infatti la scienza la può fare anche un computer. Il problema è che uno scienziato ha modo di barare senza essere scoperto e i meccanismi di autocontrollo della scienza possono essere manipolati e distorti dalla politica. Come se non bastasse, altro grave problema, è che non esiste ancora nessuno che abbia deciso fermamente di separare la scienza dalla morale. Questa è la parte più grave, perché se la scienza è anche solo minimamente contaminata dalla morale, perde il suo legame con la realtà. Non diventa diversa da una setta, come dice Feyerabend e come ribadito prima.

La proposta è pertanto qui quella di integrare l'epistemologia e la filosofia della scienza, cosa possibile proprio grazie a Feyerabend. Il risultato è una filosofia della scienza che si dirama dentro l'epistemologia che assume le vesti in un coerentismo anomalo. Infatti Feyerabend spiega che non è possibile valutare una teoria solo appellandosi alle incoerenze intrateoriche, ma anche ai confronti inter-teorici. Ne esce fuori un quadro epistemologico dove le teorie servono per una valutazione reciproca. Ora, arriva il punto difficile, quale teoria è giustificata? Cioè, in quale teoria noi dobbiamo credere? A questo Feyerabend non dà risposta, dice solo che dobbiamo credere alle teorie scientifiche. La proposta dell'ontologia adottata da progetti come TheoryFlow è questa non perché le teorie scientifiche prevedano meglio il mondo, ma perché esse sono dotate di una maggiore capacità di trattare le incoerenze e di assumerle come tali. Quindi la posizione filosofica adottata è l'incoerentismo: siamo giustificati a credere in una teoria scientifica tanto quanto questa è in grado di trattare le sue incoerenze e apprendere da esse. La relatività e la quantistica sono OP non perché prevedono tutto, ma perché se confrontate con le altre teorie possono imparare. Ci sarebbe un ulteriore requisito che è quello di essere istruibili dall'ontologia formale, cosa che ho affrontato già precedentemente quando ho parlato dello scienziato libero dai vizi e dalla dissoluzione tecnica. Di conseguenza siamo tanto più giustificati a credere in una teoria tanto più questa è stata capace di apprendere dalle altre rispetto alla giustificazione diacronica, invece per quanto riguarda quella sincronica, ossia le nuove teorie, siamo giustificati maggiormente nel credere in quelle teorie che:

  1. Ci offrono nuove interpretazioni naturali.
  2. Sono formalizzabili in senso matematico.
  3. Consentono di correggere le teorie precedenti.

Questa è l'epistemologia e la filosofia della scienza qui proposta. E per quanto riguarda le credenze ordinarie? Rispetto a questo, meno una teoria è scientifica, meno essa è giustificata. Questo perché i miti a differenza della scienza sono chiusi. La spiegazione della nascita del cosmo offerta dal cristianesimo non può essere alterata e non può alterare quella offerta dai pagani nordici. Le religioni non vengono integrate, bensì giustapposte o sostituite. E nessuno ad oggi ha difeso l'incoerentismo in epistemologia. Ma ora vediamo un esempio così da potere applicare questa filosofia a dei casi pratici: il comportamentismo in psicologia è stato accantonato quando non era più in grado di dialogare con altri settori della scienza. Si stava affermando l'IA, la linguistica da pseudoscienza diventava scienza, contemporaneamente in filosofia della scienza iniziavano a confutare Wittgenstein e a poco a poco iniziavano ad emergere settori scientifici indipendenti che assumevano la mente nella propria teoria. Il comportamentismo è restato dietro e invece la psicologia cognitiva è riuscita a dialogare in modo molto più proficuo con queste altre realtà scientifiche. Quest'ultima stessa si è irrigidita ed è stata accantonata grazie alle neuroscienze, che a differenza della psicologia cognitiva è un corpus multidisciplinare. Il suo status di giustificazione forse è il più alto tra i settori scientifici, perché le neuroscienze sono in grado di comunicare, di apprendere e correggere tutte le altre teorie scientifiche. Le neuroscienze correggono la medicina, la biologia, la linguistica, l'economia e persino la fisica. Oltre a questo sono state capaci di trattare diverse delle incoerenze presenti nella teoria e sono state anche capaci di imparare dalla medicina cinese, dalla meditazione e da altre pratiche orientali. Come settore scientifico le neuroscienze sono molto robuste e consentono un forte dialogo tra le altre discipline, oltre al fatto di essere l'unico settore scientifico che ha cambiato le interpretazioni naturali sconfiggendo la folk psychology. Pertanto possiamo dire che l'unica disciplina a priori rispetto ad essa, seppur possa essere ritenuta campo di indagine della biologia, è l'ontologia, che di fatto non è una scienza. Secondo questo modo di vedere le pseudoscienze sodomite come la psicanalisi, il marxismo, la sociologia e i deliri costruttivisti della sinistra non sono giustificati e sono pseudoscienze proprio perché rigide e chiuse. Nelle pseudoscienze si parla di ciarlatani e lo si fa perché a differenza degli uomini rispettabili, come sostenuto nel libro di Feyerabend "come diventare un buon empirista", il ciarlatano risponde alle critiche ripetendo sempre le stesse cose, mentre l'uomo rispettabile sviluppa risposte appropriate e pertinenti, e per fare ciò è necessaria una struttura ontologica decentralizzata, anarchica.

Feyerabend in "due dialoghi sulla conoscenza" scrive che l'approccio all'essere sarebbe stato guidato dalla comprensione simbolica dei miti, citando esplicitamente Jung, dicendo che l'essere è anteriore alla spaziotemporalità e che i miti sono dotati di realtà. Spiega che l'uomo è misura di tutte le cose e che l'uomo è misura nei limiti in cui l'essere glielo consente. L'essere e non lo spaziotempo, è quindi il limite di ogni realtà. Questo significa che tutto ciò che si può pensare esiste, e che quindi tutto ciò che è determinato è, e l'esistenza va oltre la connotazione spaziotemporale e addirittura matematica (ricorrendo al teorema di incompletezza di Gödel). Feyerabend sembra costruire un'ontologia in questo modo: essere → logos umani → determinati e questa è esattamente l'ontologia adottata da TheoryFlow. Un'ontologia simile sembra essere adottata ed esposta nel libro "Gödel, Eschel, Bach", di Douglas R. Hofstadter. Anche la funzione critica dell'ontologia come limite dell'uomo, del pensiero e del teorizzare. L'essere pone il limite. Il postulato di oggettività è l'oggetto della scienza, quindi utilizzando questo postulato si ha come argomento tutti i prodotti scientifici. Se invece si usano altri postulati, come quelli dei miti, si hanno le religioni.

Insomma, Paul Feyerabend è uno dei filosofi più importanti del '900. Nei suoi libri spiegò che il rischio è rappresentato da una dittatura creata in nome della scienza, dove gli scienziati assieme ai politici avrebbero potuto violare la libertà dei cittadini e discriminarli, modificando terminologie come privacy e anonimato, facendo intendere estremi surreali come la loro inesistenza, la loro infattibilità e così via dicendo. Gli esperti non sono infallibili, anzi, spesso sono guidati da interessi economici, dalla politica, dall'ideologia, dalle credenze, o semplicemente non sanno ciò di cui stanno parlando, e quindi il loro operato deve essere liberamente giudicato. Non dovrebbero essere loro a giudicare "chi non è del mestiere", a imporre come dobbiamo vivere e in cosa credere. Spesso gli scienziati mostrano una terribile ignoranza nei confronti degli stili di vita che non conoscono e disprezzano qualsiasi forma di conoscenza che non provenga dai loro laboratori. In campo informatico potremmo dire lo stesso: si ha paura di tecnologie nuove che vengono solitamente considerate o non famose, di nicchia, troppo esotiche e talvolta si è indisposti a considerare una valida opportunità di svolta culturale rispetto a nuove metodologie o nuove teorie che vengono offerte in un contesto dominato purtroppo dalle big-tech. Per esempio, l'architettura RISC-V è nettamente superiore a quella ARM, ma ad oggi rimane ancora in fase di sviluppo, poiché non dispone di abbastanza finanziamenti per potere essere sviluppata. Che il suo seguito sia pertanto relativo ai finanziamenti? Che il progresso sia solo una questione di hype? A questo lascio rispondere a voi per la terza volta, traendone le conclusioni di tutta questa argomentazione.

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